fattura decreto ingiuntivo

Fatture sufficienti per la prova del credito. Fatture elettroniche.

Le fatture elettroniche bastano per il decreto ingiuntivo. L’annotazione nelle scritture contabili è superata.

Il valore delle fatture per la prova del credito è questione che spesso viene sottoposta allo Studio Legale Di Meo di Avellino, soprattutto da parte di imprese ed aziende di piccole dimensioni, che non necessariamente hanno a loro disposizione competenze e risorse per formalizzare in maniera adeguata e valida i loro rapporti commerciali, predisponendo una prova documentale utilizzabile in caso di inadempimenti, ritardi nei pagamenti, o, comunque, a fronte di problematiche di qualunque natura nello svolgimento della propria attività.

Al riguardo, l’Avv. Ferdinando G. Di Meo del Foro di Avellino, da sempre richiama l’attenzione dei propri clienti, per esempio degli artigiani, o, più in generale, dei titolari di imprese di dimensioni non particolarmente grandi, sull’importanza di dedicare particolare cura nella predisposizione dei contratti, e, comunque, sollecita l’adozione di una precisa regolamentazione e disciplina dei propri rapporti economici e professionali, evitando di sottovalutare le potenziali implicazioni negative che potrebbero derivare da una gestione delle varie vicende in forma “fiduciaria”.

Ciò non solo perché, come l’esperienza insegna, prevenire è sempre meglio che curare, ma anche perché la fomalizzazione in maniera tecnicamente adeguata, eventualmente anche con contratti standard, degli impegni assunti dalle parti di rapporti economici o professionali, costituisce un valore aggiunto dell’impresa o dell’azienda, non solo sul piano delle garanzie, ma anche in termini di immagine, aiutando a tenere lontani potenziali clienti “tossici”.

L’Avv. Ferdinando G. Di Meo ha in materia competenze e professionalità consolidate nel tempo, anche grazie all’attività che svolge a favore di diverse aziende, alle quali assicura consulenza legale continuativa, in regime di convenzione, a condizioni di particolare favore.

Ciò nondimeno, accade frequentemente che ci si trovi di fronte alla necessità di tutelare gli interessi di un imprenditore o di un artigiano che non si sia attenuto alle modalità operative suggerite. In questi casi, naturalmente, per lo più vi sono prove sufficienti per dimostrare la fondatezza della propria pretesa creditoria, ma il debitore inadempiente spesso resta del tutto indifferente rispetto alle richieste di pagamento, ed a poco servono diffide e messe in mora, imponendosi dunque la necessità di agire legalmente, in via giudiziaria.

La via più immediata e teoricamente più rapida è quella del decreto ingiuntivo. A questo scopo, il creditore presenta la documentazione in suo possesso che ritiene sufficiente per provare la sua pretesa, a cominciare – se predisposti – dai contratti, ed, inoltre, la corrispondenza – anche via mail, certificata, ma eventualmente anche ordinaria – i documenti di trasporto, e, naturalmente le fatture.

Spesso le fatture emesse sono considerate dal creditore l’elemento principale e determinante. Tuttavia, non sempre e così, e, comunque, le fatture non escludono affatto lunghi contenziosi avviati dal debitore, spesso disposto a qualunque manovra dilatoria pur di sottrarsi alle proprie obbligazioni.

Naturalmente, gli equilibri mutando radicalmente sin da subito, se il creditore riesce ad ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Ciò è tanto più possibile quanto più la prova del credito, in via documentale, sia solida ed inconfutabile.

In questo caso, infatti, il debitore si trova di fronte al pericolo immediato di un’azione esecutiva, con pignoramenti a suo carico, anche presso terzi, da parte del creditore che in tal modo vede soddisfatta in via immediata la propria pretesa, salvo il successivo giudizio di opposizione che può essere avviato al debitore, che tuttavia in tal caso potrebbe avere scarso interesse ad avviarlo.

Gli elementi documentali a disposizione del creditore, per altro, potrebbero non essere così solidi, e, spesso, almeno in principio, si hanno in mano solo le fatture e poco altro. Ed è appunto in casi come questi che si pone il problema del valore delle fatture ai fini della prova del credito.

La fattura, tuttavia, di per sé non può essere considerata un titolo negoziale, ossia, essa non fa piena prova dell’esistenza del credito, essendo un documento unilaterale che non fornisce alcuna prova dell’esistenza del rapporto contrattuale su cui si fonda, né ovviamente del corrispettivo pattuito.

Pertanto la funzione probatoria della fattura commerciale è limitata alla sola fase monitoria, ossia, con riferimento alla richiesta del decreto ingiuntivo, emesso, a seconda dei casi, dal tribunale o dal giudice di pace, in relazione all’importo del credito.

Nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo concesso su fattura, dunque, devono applicarsi le ordinarie regole in materia di onere probatorio, con la conseguenza che tale documento può rappresentare al massimo un mero indizio della stipulazione del contratto e dell’esecuzione della prestazione indicata. Il creditore dovrà dunque in ogni caso provare, eventualmente anche con testimoni, di aver effettuato una prestazione od un servizio, la natura degli stessi e l’importo pattuito, fornendo inoltre ogni altro elemento necessario od utile.

Quanto innanzi, tuttavia, vale in linea generale. In effetti, la giurisprudenza, anche recentissimamente, ha precisato che “la fattura commerciale ha non soltanto efficacia probatoria nei confronti dell’emittente, che vi indica la prestazione e l’importo del prezzo, ma può costituire piena prova nei confronti di entrambe le parti dell’esistenza di un corrispondente contratto, allorché risulti accettata dal contraente destinatario della prestazione che ne è oggetto.

Con la conseguenza che l’annotazione della fattura nelle scritture contabili può costituire idonea prova scritta tra imprenditori dell’esistenza del credito, giacché la relativa annotazione, con richiamo alla fattura da cui nasce, costituisce atto ricognitivo in ordine ad un fatto produttivo di un rapporto giuridico sfavorevole al dichiarante, stante la sua natura confessoria ex art. 2720 c.c.” [Cassazione civile, sez. 3, sentenza 8 febbraio 2024, n. 3581; Cassazione civile. sez. 2, ordinanza n. 1444 del 15 gennaio 2024; Cassazione civile, sez. 2, sentenza 21 ottobre 2019, n. 26801].

Fermo tutto quanto innanzi, la questione del valore delle fatture per la prova del credito, quanto alla fase relativa al decreto ingiuntivo, assume contorni particolari con riferimento alle fatture elettroniche, al cui regime si è dovuta uniformare nel corso del tempo una platea sempre maggiore di contribuenti.

In linea generale, la richiesta di ingiunzione è ammissibile, ai sensi degli artt. 633 e ss. c.p.c., qualora il ricorrente fornisca prova scritta dell’esistenza del diritto di credito. Si tratta tuttavia di verificare l’idoneità della fattura elettronica, nel novero delle prove scritte ex art. 634 c.p.c., ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo.

Il requisito della prova scritta, per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché, per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un’attività commerciale e da lavoratori autonomi (come disciplinato dall’art. 634 comma 2 c.p.c.), prima dell’introduzione della fatturazione elettronica, si riteneva soddisfatto tramite il deposito degli estratti delle scritture contabili.

Tuttavia, con l’introduzione della fatturazione elettronica si è ritenuto che le stesse fatture siano, ipso iure, titoli idonei per l’emissione di un decreto ingiuntivo. In tal senso, in effetti, si sono espressi diversi tribunali, ma, soprattutto, l’Agenzia delle Entrate che, con Provvedimento n. 89757/2018 del 30 aprile 2018.

L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha precisato che “la fattura elettronica è un file in formato XML (n.d.r. eXtensible Markup Language), non contenente macroistruzioni o codici eseguibili tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati”

Nel caso in cui, prosegue l’Agenzia, “il file della fattura sia firmato elettronicamente, il SdI (sistema di Interscambio) effettua un controllo sulla validità del certificato di firma. In caso di esito negativo del controllo, il file viene scartato e viene inviata la ricevuta di cui al punto 2.4, cd. ricevuta di scarto”.

Tale provvedimento è fondato sulla natura del Sistema di Interscambio (SdI), il quale genera quindi documenti informatici autentici ed immodificabili, che non sono semplici “copie informatiche di documenti informatici” bensì “duplicati informatici”, assolutamente indistinguibili dai loro originali (art. 1, comma 1, lettera l), quinquies del D.Lgs. n.82/2005 “Codice dell’Amministrazione Digitale” CAD),

È proprio in ragione di tanto che i soggetti obbligati ad emettere, in via esclusiva, le fatture elettroniche mediante il Sistema di Interscambio, sarebbero esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972.

Ne deriva che, per tali soggetti, vengono meno sia l’obbligo di tenere i predetti registri, sia gli obblighi previsti dall’art. 634 comma 2, c.p.c., ai fini dell’ottenimento del decreto ingiuntivo.

avvocato avellino di meo risponde

 

6 Commenti

  • Antonio Mauro

    Ottimo. Aggiornato e competente come pochi.