Decreto ingiuntivo più facile. Un aiuto per il recupero dei crediti
Spesso si pensa al decreto ingiuntivo per il recupero dei crediti insoluti, fenomeno, quest’ultimo, drammaticamente attuale, soprattutto per imprese ed aziende. Si tratta, infatti, di uno dei principali problemi operativi e gestionali, che comporta impiego di tempo, energie ed ingenti risorse, talvolta senza risultati apprezzabili.
Un’importante novità in questa materia è stata introdotta da ultimo dal Legislatore con il c.d. Correttivo Cartabia, ossia, il provvedimento [D.lgs. n. 164 del 31 ottobre 2024, pubblicato nella G.U. l’11 novembre 2024] che dopo l’approvazione della più ampia Riforma Cartabia, entrata in vigore nel 2023, ancora una volta è intervenuto per modificare ed integrare molte norme, soprattutto del codice di procedura civile, con effetti che restano ancora tutti da verificare.
Il primo rilievo, in verità, riguarda la discutibile tecnica legislativa, posto che si è intervenuti manipolando, come di consueto, con infiniti “tagli e cuci”, una molteplicità di disposizioni, tanto da rendere non facilmente intelligibile il carattere sistematico del provvedimento, generando inoltre problemi e difficoltà operative non sempre di facile soluzione, almeno in prima battuta.
In ogni caso, il c.d Correttivo Cartabia entrerà in vigore il 26 novembre 2024, ossia, come ordinariamente avviene, decorsi quindici giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, per effetto della vacatio legis prevista dall’art. 73 comma 3 della Costituzione.
Tuttavia, salvo casi specifici espressamente indicati, in massima parte le disposizioni del decreto in questione si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023, ossia, anche per i procedimenti già pendenti alla data di entrata in vigore del decreto, purché successivi alla data indicata.
Venendo al tema specificamente oggetto del presente contributo, la nuova disciplina è intervenuta modificando l’art. 634 c.p.c., prevedendosi ora che “per i crediti di cui al presente comma costituiscono inoltre prova scritta idonea le fatture elettroniche trasmesse attraverso il Sistema di interscambio istituito dal Ministero dell’economia e delle finanze e gestito dall’Agenzia delle entrate”.
Ciò significa, in concreto, che ai fini dell’emissione di un decreto ingiuntivo – che notoriamente, almeno in prima battuta, rende più agevole la procedura di recupero di un credito, salvo ovviamente il successivo giudizio di opposizione – le fatture elettroniche devono considerarsi come prova scritta del credito azionato, per i crediti relativi a “somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività”.
Il legislatore è in tal modo intervenuto su di una questione dibattuta nella giurisprudenza di merito, che sia pure in buona parte orientata in senso favorevole, aveva talvolta assunto posizioni in senza opposto.
Per il vero, come già evidenziato in un nostro precedente articolo [Fatture sufficienti per la prova del credito. Fatture elettroniche], l’Agenzia delle Entrate aveva già dato un decisivo impulso in questa direzione.
In effetti, con il Provvedimento n. 89757/2018 del 30 aprile 2018, l’Agenzia chiarì che “la fattura elettronica è un file in formato XML (n.d.r. eXtensible Markup Language), non contenente macroistruzioni o codici eseguibili tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati”.
Nel caso in cui, prosegue l’Agenzia, “il file della fattura sia firmato elettronicamente, il SdI (sistema di Interscambio) effettua un controllo sulla validità del certificato di firma. In caso di esito negativo del controllo, il file viene scartato e viene inviata la ricevuta di cui al punto 2.4, cd. ricevuta di scarto”.
Tale provvedimento era fondato sulla natura del Sistema di Interscambio (SdI), il quale genera documenti informatici autentici ed immodificabili, che non sono semplici “copie informatiche di documenti informatici” bensì “duplicati informatici”, assolutamente indistinguibili dai loro originali (art. 1, comma 1, lettera l), quinquies del D.Lgs. n.82/2005 “Codice dell’Amministrazione Digitale” CAD).
È proprio in ragione di queste considerazioni che i soggetti obbligati ad emettere, in via esclusiva, le fatture elettroniche mediante il Sistema di Interscambio, si era ritenuto fossero esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972.
Conseguentemente, per tali soggetti, venivano meno sia l’obbligo di tenere i predetti registri, sia gli obblighi previsti dall’art. 634 comma 2 c.p.c., ai fini dell’ottenimento del decreto ingiuntivo.
Sul punto, in ogni caso, come detto, per fare chiarezza, è ormai intervenuto il Legislatore, ammettendo espressamente la possibilità di ottenere il decreto ingiuntivo grazie alle fatture elettroniche.
CONCLUSIONI
Si tratta di una semplificazione di non scarsa importanza, anche se sarebbe sbagliato pensare che grazie alla nuova norma tutti i problemi connessi al recupero dei propri crediti siano svaniti.
Al contrario, bisogna pur sempre tenere presente che se anche i presupposti per ottenere un decreto ingiuntivo sono stati ampliati, la valutazione che il giudice compie ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo è sempre solo e soltanto sommaria, spesso anche superficiale.
Il presunto debitore ha sempre la possibilità di avviare un giudizio di opposizione contro il decreto ingiuntivo, che è un giudizio a cognizione piena, nel senso che il giudice dovrà valutare ed approfondire tutti gli aspetti della vicenda.
Naturalmente, riuscire ad ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, costituisce un importante elemento di pressione sul debitore, che per evitare l’esecuzione forzata, ossia, un pignoramento, spesso decide di pagare il dovuto.
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