Reati sessuali e pedopornografia. Non solo giustizia penale
I reati sessuali, ed in particolare quelli commessi tramite internet, sono purtroppo sempre più frequenti e sempre più spesso coinvolgono i minori, talvolta come autori, più spesso come vittime.
E’ per altro noto che il Legislatore ha preso piena consapevolezza della gravità del fenomeno, introducendo una serie di fattispecie criminose destinate a punire in maniera estremamente severa alcune condotte, appunto, se realizzate in danno di soggetti di età minore.
In tale prospettiva vengono in rilievo, in particolare proprio quanto alle condotte realizzate tramite la rete, tra gli altri, gli artt. 600 ter ss. c.p. come in una vicenda che lo Studio Legale Di Meo di Avellino sta attualmente patrocinando.
Tali disposizioni furono inizialmente introdotte nel codice penale dalla L. 269/1998, per poi essere successivamente e ripetutamente modificate ed integrate.
All’attualità, esse sono oggetto di un numero di procedimenti penali sempre crescente, alla luce dell’attuale contesto che ha visto enormemente implementata la possibilità di relazionarsi con gli altri, anche estranei, in un quadro spesso non ancorato a criteri di cautela e ragionevolezza, in passato considerati normali.
In effetti, l’evolversi dei costumi e della società, anche per via del diffondersi di strumenti tecnologici sempre più sofisticati ed a portata di tutti, ha inciso profondamente sulle relazioni interpersonali.
A questi cambiamenti i minorenni non sono rimasti estranei, ma anzi hanno manifestato un’immediata ricettività, mostrandosi peraltro propensi a compiere atti con implicazioni sessuali molto precocemente, dando libero sfogo alla loro sessualità, giungendo purtroppo anche a condividere le loro esperienze attraverso l’impiego di social network, ovviamente facilitati dalla presenza di una fotocamera negli smartphone e dall’utilizzo degli stessi come webcam.
Naturalmente, come l’esperienza insegna, la risposta sanzionatoria, a carico di chi approfitta di un’oggettiva condizione di debolezza, immaturità od incoscienza del minore, è importante, anzi fondamentale, ma non è e non può essere risolutiva.
E’ in effettivi intuitivo che accanto, anzi, prima ancora della sanzione penale, dovrebbe esserci ben altro.
L’ordinamento, la famiglia ed i singoli cittadini dovrebbero apprestare opportune cautele, misure di controllo e prevenzione, politiche di educazione all’uso dei media e più generale delle nuove tecnologie.
Ciò al fine di sviluppare, soprattutto nelle nuove generazioni, quanto meno, una maggiore consapevolezza dell’importanza di relazioni interpersonali reali e non virtuali, fondate non sull’apparire o sula visibilità sui social, ma sulla comunanza di interessi e valori.
Ma naturalmente, come spesso accade nel nostro Paese, è assai più facile cercare nella giustizia penale l’improbabile soluzione di più complessi problemi e malesseri sociali.
Questo, dunque, è il contesto nel quale il Legislatore ha operato, intervenendo nel corso del tempo con specifiche risposte sanzionatorie, delle quali la giurisprudenza ha tentato a più riprese di ricostruire un disegno organico ed unitario.
Norma fondamentale in materia è il citato art. 600 ter c.p. il quale prevede sanzioni estremamente elevate, diversificate in funzione della natura della condotta e della modalità di realizzazione.
La disposizione, intitolata “pornografia minorile”, stabilisce quanto segue:
“È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:
1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto;
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni di-ciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 2.582 euro a 51.645 euro.
Chiunque al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164”.
Concetto essenziale e centrale della norma, dunque, è quello dell’utilizzazione del minore, rispetto al quale la giurisprudenza ha nel corso del tempo fornito chiarimenti determinanti per segnarne i confini.
In particolare, si è specificato che è necessario che la produzione del materiale pedopornografico sia realizzata con l’utilizzazione del minore, sussistente qualora, all’esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell’età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento della volontà del minore stesso.
Restano invece escluse dalla rilevanza penale del fatto solo le condotte realmente prive di offensività rispetto all’integrità psico-fisica del minore [Cassazione penale, Sezioni Unite, sent. 4216/2021].
La giurisprudenza ha anche chiarito che è lecita la produzione di materiale pornografico realizzato senza la “utilizzazione” del minore e con il consenso espresso di colui che abbia raggiunto l’età per manifestarlo.
Ma naturalmente, il consenso in ogni caso non potrà dirsi espresso validamente, quando il minore sia stato vittima di condotte fraudolente od ingannevoli, come per esempio nel caso in cui il suo interlocutore gli si sia presentato in vesti o con qualità diverse da quelle reali, tipicamente, dichiarando un’età diversa o usando profili social fake.
Si rileva per altro che la consumazione di concreti e reali atti sessuali con una persona minorenne, almeno secondo la previsione dell’art. 609 quater n. 1 c.p., è punita con la reclusione da sei a dodici anni se il minore non ha compiuto gli anni quattordici.
Al contrario, l’art. 600 ter c.p. fa riferimento al minore che non ha compiuto gli anni diciotto.
Di questa discrasia – ossia, la punibilità di concreti atti sessuali se compiuti con un minore di anni quattordici, a fronte della rilevanza penale della produzione di materiale pedopornografico se realizzato mediante l’utilizzo di minori di anni diciotto – e, quindi, della necessità di ricondurre le due fattispecie ad un quadro di riferimento tendenzialmente unitario – ha da ultimo tenuto conto la Corte Costituzionale, ai soli fini del trattamento sanzionatorio.
Infatti, il Giudice delle leggi, con sent. n. 91/2024 del 20.05.2024 ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 600 ter comma 1 n. 1 c.p. nella parte in cui non prevede, per il reato di produzione di materiale pornografico mediante l’utilizzazione di minori di anni diciotto, che nei casi di minore gravità la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente i due terzi.
In pratica, la norma è stata dichiarata illegittima perché non prevede un’attenuante analoga a quella prevista dall’art. 609 quater comma 6 c.p. per i casi di minore gravità, con riduzione della pena in misura non eccedente i due terzi.
Sarebbe in ogni caso assolutamente sbagliato, come ha chiarito la giurisprudenza, invocare, puramente e semplicemente, il consenso del minore ultra quattordicenne, perché l’elemento dirimente e determinante non è il consenso, ma, appunto, l’utilizzazione, che può configurasi anche nel caso di condotte induttive ai fini della produzione dei materiale pedopornografico.
Vale a dire, se è vero che la giurisprudenza ha chiarito che presupposto essenziale per i reati di questa natura è la diversità dell’autore della condotta rispetto al soggetto ripreso, difettando diversamente l’elemento dell’utilizzazione del minore da parte del soggetto terzo, è anche vero la condotta di colui che induca, spinga o anche solo faccia insorgere nel minore l’intento di produrre materiale ritraente il minore stesso, determina l’utilizzazione del minore.
Purtroppo, è noto che la condotta presa in considerazione dall’art. 600 ter comma 1, ed in particolare al n. 1, si associa e talvolta è persino funzionale alle ipotesi contemplate dai commi successivi, quanto alla diffusione o divulgazione del materiale realizzato, mediante canali telematici, ovvero, in ogni caso, quanto alla cessione od offerta a terzi, anche a titolo gratuito.
Non a caso, nella pratica giudiziaria, i relativi titoli di reato vengono contestati spesso congiuntamente.
Resta tuttavia un dato che può e deve essere opportunamente valorizzato in una prospettiva difensiva.
Ossia, se è vero tutto quanto innanzi, e se è vero che punto nodale ai fini della configurabilità di reati del tipo di quelli dei quali si discute, ossia, reati sessuali o con implicazioni sessuali, è l’utilizzazione del minore, anche sotto forma di induzione, è altrettanto chiaro che perché si possa configurare in concreto l’utilizzazione occorre fare riferimento alle circostanze concrete del fatto.
Detto in altri termini, ferma la censurabilità, in primo luogo sul piano morale, in termini assoluti ed indiscutibili, di qualsiasi tipo di relazione – con implicazioni di natura sessuale – con soggetti minori, è altrettanto chiaro che intanto si potrà parlare di utilizzazione del minore in quanto effettivamente e concretamente, e non solo in astratto, si manifesti un subdolo abuso della condizione di soggezione, incapacità od immaturità.
Al contrario, quanto più il minore manifesti nel suo approccio, nel suo contegno e nelle sue azioni, una tendenziale e crescente autodeterminazione e capacità decisionale consapevole e non eterodeterminata, tanto più la sua condotta potrà essere espressione dei libero esercizio della sua autonomia sessuale, sia pure con tutti limiti di cui innanzi.
CONCLUSIONE:
La rete, i social media, le nuove tecnologie, sono o possono essere una straordinaria risorsa, un’occasione di conoscenza e di approfondimento, a condizione che non si pretenda che assurgano ad un ruolo sostitutivo delle istituzioni e della famiglia.
In primo luogo gli adulti debbono saperne cogliere i limiti ed i pericoli, per sé e per gli altri, acquisendo piena consapevolezza che nascondersi dietro una tastiera non è mai una soluzione.
E men che mai la soluzione è creare account o profili social fasulli, perché se si incappa in un problema, tutto sarà sempre rintracciabile.
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